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Play me and play me again, 1996
bronze, leather, cloth, 183x189 cm

The idea of this work is articulated as a game of dices but a game that has no rules but stimuli. The five hand-shaped forms of bronze are forming the five continents. The geology is respected on both sides respecting thus the laws of fall. They are formed by my hand for the viewer's hand to perceive and to throw them. The viewer can look at them, touch them and throw the world-like dices on the orbital-formed sky or sea-blue carpet on which they can sit down. Every possible order and relation becomes an intimate one. This intimate situation is the space of relation in which the things astonish us, it is in this space in which the world becomes nature in the sense of a dawn, of water-movement, of wind, thus it becomes again a primary phenomenon, a plasmatic materia that plasmas our imagination, our desire, our memory and our soul: the movement of thinking becomes visual again just as an natural phenomenon.

Giocami e giocami di nuovo, 1996
bronzo, cuoio, mollettone, 183x189 cm

Per rendere più accessibile l'idea di questo lavoro potrei dire che il suo concetto è quello del gioco a dadi (1), però un gioco che non ha regole, ma, spero, stimoli. Le cinque forme di bronzo modellano i cinque continenti: la geologia è rispettata su tutte e due le facce. Rispettando così le leggi della caduta. In quanto sono formate dalla mia mano stimolando la vostra a conoscerle e a gettarle. L'incuriosito può guardare, toccare, gettare questi dadi mondiali in un'azione individuale sedendosi su di un celeste tappeto di mollettone di forma orbitale. Ogni ordine e relazione possibili diventano intimi. Questa intimità è lo spazio di relazione in cui ci meravigliamo ed è in questo spazio in cui il mondo diventa natura proprio nel senso del tramonto, del movimento dell'acqua, del vento, dunque lo fa ritornare ad essere un fenomeno primario, una materia plasmabile che plasma la nostra immaginazione, il nostro desiderio, la nostra memoria e cioè la nostra anima: il movimento del pensare ritorna ad essere osservabile come un fenomeno naturale.

(1)Questo lavoro trova una felice analogia con il capitolo 10 'Serie der Paradoxa; Vom Idealen Spiel' (serie dei paradossi; del gioco ideale) nel libro 'Die Logik des Sinns' di Gilles Deleuze in cui dice "(...) Il punto casuale abbraccia la totalità di tutti i getti, il getto unico, che si sposta continuamente attraverso tutte le serie in un tempo più grande del massimo flusso del tempo pensabile. I getti si susseguono ma in questo punto sono contemporanei. Esso cambia continuamente le regole coordinando e diramando le serie corrispondenti in quanto immette il caso in tutta la sua lunghezza in ogni una delle serie. Il getto è un caos in cui i frammenti sono i singoli dadi. Ogni mossa prevede una distribuzione di singolarità, una costellazione. Però, anziché dividere a seconda delle ipotesi uno spazio chiuso in risultati fissi, sono gli eventi flessibili che si distribuiscono nuovamente nello spazio aperto di questo unico getto indiviso: una distribuzione nomadica e non stabile (...) Si tratta di un gioco di problemi e di domande e non più del categorico e dell'ipotetico. (...) Il gioco ideale di cui si tratta non è in grado di giocarlo né un uomo né un dio. Lo si può solo pensare e persino solo come nonsenso. Eppure è la realtà del pensiero stesso. Esso è l'inconscio del pensiero puro. (...) in quanto unisce "ogni volta" per "tutte le volte" in "una volta". Perché accettare tutto il caso, fare del caso un oggetto dell'accettazione, questo lo può fare solamente il pensiero. E se si cerca di giocare questo gioco fuori dal pensiero, non succede niente; e se si cerca di ottenere qualcos'altro che un opera d'arte non si ottiene niente. Questo gioco che succede solo nella mente e che porta a nessun altro risultato che all'opera d'arte è ciò attraverso cui il pensare e l'arte sono reali e disturbano la realtà, la moralità e l'economia de mondo." Questo pensiero coincide anche con i miei lavori 'Cosa sono le nuvole?'(1997) e '( )orizzonte' (1998).