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Gianni
Caravaggio |
Nel panorama artistico italiano degli ultimi anni, Gianni Caravaggio si pone come una delle personalità più autonome. La sua ricerca plastica con la sua precisa componente strutturale e sintattica presenta i caratteri di un vero e proprio linguaggio. Caravaggio mette in gioco un’opera aperta dal punto di vista fenomenologico mostrando il processo attraverso cui l’opera si sviluppa nel tempo, donando al suo gesto formativo un carattere essenzialmente metaforico. La forma, mai definitiva, si costituisce attraverso lo sviluppo di un elemento generativo primigenio — un seme, un granello di sale oppure una zolletta di zucchero. Caravaggio finisce così per definire uno spazio aperto, mobile, attivo, nel quale ogni particella tende ad esistere concretamente in una sorta di temporalità di Zenone: si estende, cresce, si contrae e si trasmuta nello stesso istante, per creare infine un corpo metamorfico tangibile. In Effervescente l’artista
intende rendere fisica l’immagine di una pastiglia solubile che
cade in un bicchiere d’acqua e materializza lo spazio intorno a
sé non esaurendosi mai e divenendo metafora del processo creativo.
Indagando la potenzialità metaforica del gesto quotidiano Caravaggio
cerca di suggerire connessioni con il retroterra dell’esperienza
concettuale, con un suo strato arcaico. Attraverso il lavoro sul processo
originario dell’azione, l’artista può avviare un gioco
su significati di ordine metaforico. Caravaggio associa marmo e zucchero perché questi condividono una struttura cristallina, e quindi rendono più chiaro questo processo di osmosi dei materiali. Da una certa distanza si vede un parallelepipedo i cui elementi tendono a ramificarsi nello spazio, mentre ad uno sguardo ravvicinato, analitico, lo zucchero si differenzia dagli altri materiali, sia visivamente che apticamente; in questo momento i differenti cubetti si separano, vengono riconosciuti e nominati. Sul muro, proprio al di sopra della scultura, campeggia un disegno realizzato con diverse matite: si tratta di una linea orizzontale lungo tutto lo spazio espositivo sulla quale si alternano casualmente le scritte “sugar” e “no sugar” ripetute all’infinito. Sul pavimento abbiamo quindi la forma, i diversi materiali, la componente percettiva, mentre sul muro troviamo lo stesso identico lavoro ma nella sua traccia mentale e psichica: Sugar no sugar molecule sembra quindi indagare il rapporto tra la cosa e la parola che la nomina, tra realtà e impressione, tra il toccare ed il guardare, tra il grande ed il piccolo. Ciò che caratterizza la ricerca di questo artista è proprio un continuo cambio di prospettiva sul reale, un gioco reiterato sui significati, sulle abitudini, sulle forme e sui materiali. Il suo ultimo lavoro, Sugar non sugar metamorphosis, torna su questo aspetto della processualità formativa: si tratta infatti di un’animazione filmica in cui vari granelli di sale si trasformano attraverso determinati gesti scultorei in varie forme plastiche. L’animazione visualizza il processo di trasformazione di una stessa quantità di zucchero in 150 immagini scultoree diverse. Anche in questo caso il flusso immaginativo plasma la materia secondo un dispositivo essenzialmente fenomenologico, cioè non ipostatico e concluso della forma. Caravaggio, insomma,
supera tutta la congiuntura oggettuale degli ultimi vent’anni, facendo
riferimento non più a un’immagine precostituita e tantomeno
ad un’idea aulica o mitica della forma come valore in sé,
piuttosto mostrando la dimensione processuale, temporale, della sua immaginazione
plastica e metaforica. |